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STORIA
Dalle radici alla "Voce" di Alder
In queste righe dedicate alla Band da uno dei componenti de L’Estate di San Martino si racchiude gran parte della storia del Gruppo nato a Perugia nel 1975, manco a dirlo in un garage come in quegli anni accadeva spesso,  in una bellissima quanto piccola terra, l’Umbria. Una regione che nei patinati e un po’ consunti depliant turistici viene definita il Cuore verde d’Italia. Nonostante la sua posizione baricentrica, in realtà continua a rimanere orgogliosamente isolata. Questo, ovviamente, non è sempre un fattore qualificante e tantomeno edificante; fatto sta che, qui, le radici, se ben salde, attecchiscono. E possono anche durare a lungo, nonostante tutto. L’Estate di San Martino ha visto negli anni susseguirsi una lunga teoria di musicisti. Di fatto, in alcune stagioni particolarmente “fredde”, ha perso rami importanti, talvolta fondamentali. Alla fine, però, ha continuato a trovare nuova linfa proprio grazie all’humus che nel frattempo era riuscita a generare.
 

La radice primordiale
La storia, come tutte le storie di quelle Band che comunque vengono da lontano, potrebbe essere lunga. Fin troppo. Sinteticamente, dunque, il nucleo originario de L’Estate di San Martino si formò per dare supporto musicale ad una commedia teatrale intitolata Alete, scritta da Giuseppe Petrazzini che, di fatto, fu anche il fondatore del Gruppo insieme a Marco Pentiricci (chitarra acustica, flauto dolce), formato da Marco Vagni (basso), Sergio Spennacchioli (percussioni). Sempre nel 1975 uno degli attori di Alete, Riccardo Regi e la sua chitarra 12 corde, si unirono alla Band che diventò, appunto, L’Estate di San Martino. Poco dopo entrò a far parte del gruppo Guglielmo Balucani, grafico professione e batterista per passione, che creò il logo-simbolo del Gruppo.
 

Il disco "Promo"
Il primo lavoro discografico risale al 1978. La Band partecipò ad un concorso nazionale patrocinato dalle radio libere dell’epoca, assieme a una casa discografica italiana allora di grande prestigio: la Rca. Dopo una selezione determinata dal voto dei radio ascoltatori, L’Estate di San Martino venne scelta per rappresentare l’Umbria alla finalissima del concorso che si tenne nell’estate di quello stesso anno a Capri. Il brano originale che venne presentato si intitolava “Il bimbo e l’eroe” e divenne successivamente un singolo promozionale.
 

I nuovi "Rami"
A partire dal 1979 venne presentato in alcuni locali dell’Umbria e delle Marche “Storie”, un lavoro acustico con testi e musiche create prevalentemente da Giuseppe Petrazzini e Marco Pentiricci. Da lì in poi, la Band iniziò a perdere “rami” e a crearne di nuovi. Balucani uscì e subentrò alla batteria Sergio Servadio, destinato a diventare una delle colonne portanti della nuova formazione che di lì a poco si sarebbe andata a formare. Infatti nel 1980, dopo appena 4 mesi dall’ingresso del nuovo batterista, se ne andarono Giuseppe Petrazzini e Marco Vagni. Defezioni importanti. Gli altri, però, decisero di proseguire. E con l’ingresso del bassista Massimo Baracchi, di Luca Castellani alla chitarra elettrica che per la prima volta irrompeva nel sound dell’Estate, e soprattutto con le tastiere di Stefano Tofi, avvenne di fatto una svolta artistica decisiva che riuscì a far sopravvivere Esm anche dopo l’abbandono di Sergio Spennacchioli e di Antonio Abbozzo che, nel frattempo, era subentrato a Baracchi al basso. Nuovi rami, dunque, per quell’albero di idee dal quale sarebbe maturato Alder.
 

Vocoder: La voce di Alder
Trovato il nuovo bassista, Mauro Formica, quasi contemporaneamente arrivò Adolfo Broegg, a sostituire Luca Castellani: due “innesti” che produssero una vitalissima linfa per la Band. Con queste premesse iniziò nella primavera del 1982 la gestazione di Alder. Un progetto “concept” in cui la figura centrale era rappresentata da un pescatore, Alder, appunto, che compiva un viaggio immaginario e fantastico verso la Conoscenza. Artisticamente parlando tutto ebbe inizio con un suono, come nella migliore tradizione progressive: quello del vocoder. Su questa roca, solitaria, remota voce sintetica che si ripeteva con un’eco sorda, si inserì l’arpeggio melanconico della 12 corde. Per chi volesse ritrovare questo primordiale “big bang” musicale in fase di ascolto, si tratta del brano “Il Vortice”. In sostanza Alder rappresentò la fase più  “matura” nella storia della Band, soprattutto per la crescita musicale dei componenti “storici” e per il talento dei nuovi musicisti che erano entrati a far parte del Gruppo. Da due  dei concerti live che portarono Alder all’attenzione di un pubblico di nicchia, precisamente quelli del 15 e del 16 dicembre 1983 al teatro Zenith di Perugia, è stato tratto questo album. Tale fase, però, coincise paradossalmente anche con la momentanea fine del Gruppo che però si ritrovò 10 anni dopo a lavorare su un altro progetto: Febo. Un’idea che, nonostante un lungo, attento e fertile lavoro durato 5 lunghi mesi, fu partorita e abortita  senza nemmeno averla portata, anche per una sola volta, davanti al pubblico.
 

Il ricordo dedicato ad Adolfo Boregg
Troverete in questo album un brano che non appartiene ad Alder. Discograficamente parlando si chiama bonus track; affettivamente L’Estate di San Martino l’ha dedicata ad un amico: Adolfo Broegg. Musicista di grande intelligenza, gusto e vero talento, ricercatore e studioso di musica medievale, noto a livello internazionale per essere stato fondatore dell’Ensemble Micrologus, Adolfo Broegg è improvvisamente scomparso all’alba del 23 aprile 2006. Tutto è accaduto proprio quando la scorsa primavera, il Gruppo si stava ritrovando per masterizzare Alder con l’intento anche di portare avanti quella vecchia idea seppure ampiamente riveduta e corretta: Febo, appunto. La Btf ha concesso di inserire un brano che di Febo faceva parte integrante: “Il ricordo”. Di questo pezzo Broegg aveva scritto le parti di chitarra classica ed elettrica. Si tratta di una testimonianza che risale, pertanto, al 1993, registrata in presa diretta nel locale dove L’Estate di San Martino aveva deciso di ritrovarsi dieci anni dopo aver smesso, presuntamente, di suonare. Più che di un brano, dunque, “Il ricordo” reincarna un’idea. L’ennesima. Che forse riprenderà vigore grazie alle radici dell’albero di un sole che vuole risplendere proprio nel suo autunno più desolato e doloroso.